Cenni storici di Piazzatorre - pag.1

L'aspetto geologico presenta aspetti di rilievo. Sull'arco montano a nord sfilano vette di grande interesse escursionistico, da destra verso sinistra: anzitutto i tondi prativi delle due Torcole (m.1800), poi, dopo il bastione sopra il Forcolino della Vaga (m.1846), il modesto pizzo Badile (m.2044), il Secco (m. 2293), il Pegherolo (m. 2369), il Cavallo (m. 2323), che con il suo Cavallino (m. 2284) degrada verso Mezzoldo. Nell’altra catena del sistema prealpino che chiude a sud - ovest il panorama piazzatorrino si possono osservare, da sinistra a destra, il Venturosa (m. 1999) e di seguito il bellissimo Aralalta (m. 2006) ai piedi dei quali si snoda la Valle di Cassiglio e Valtorta fino a toccare poi i Piani di Bobbio. La corona di montagne che cinge l’altopiano di Piazzatorre fa parte della fascia centrale delle Prealpi Orobiche, quella fascia i cui rilievi estremi più rilevanti corrispondono all’Arera e alla Presolana. Sono per la maggior parte calcareo - dolomitico, ovvero rocce in cui prevale il calcio, la cui nascita risale a circa 200 milioni di anni fa. Sono montagne più “giovani” di quelle che costituiscono la catena che chiude le Orobie a Nord: Pizzo dei Tre Signori, Pizzo del Diavolo, Redorta, eccetera, costituiti da rocce metamorfiche e vulcaniche di età tra i 300 e i 600 milioni di anni. Per la verità i rilievi di Piazzatorre non sono costituiti da dolomie omogenee, così come il resto dell’Alta Valle. Nei massicci imponenti di dolomia - Esino del Pegherolo, Secco, Cavallo, Cavallino affiora un vistoso “occhio” di rocce metallifere, e tali massicci sono circondati da una ben definita cintura di quel tipo di dolomia che i geologi chiamano Muschel - Kalk. C’è poi una lingua di Servini Triassici che, proveniente da Piazzolo, si insinua tra le dolomie a sinistra e il gruppo del Torcola e Toracchio a destra. È un confine vero e proprio dato che Torcola e Toracchio appartengono alla fascia di terreno Permiano e non Triassico (dolomie) come il resto delle nostre montagne.

Chiusi tra la spalla destra dolomitica e quella sinistra Permiana i piani di Piazzatorre mostrano la loro “tenera età”. Tali piani risalgono infatti al Quaternario (circa 400 mila anni fa), l’era delle grandi glaciazioni. In quest’ epoca tutto l’arco alpino fu coperto completamente da immensi ghiacciai che si spingevano verso la pianura. Nella Valle del Brembo, data la sua piccola estensione rispetto a quella dell’Adda, si accumulò meno ghiaccio che altrove. Il fronte dei ghiacciai si fermò probabilmente all’altezza dell’attuale Camerata e alcune vette sono riuscite ad emergere dai ghiacci e conservare parte del manto di vegetazione. Questi grandi ghiacciai lavorarono, trasportarono e rimestarono depositi argilloso - calcarei raschiandoli dai fianchi della montagna. Con questi materiali costruirono più a valle terrazze morene e colli piani, proprio come quelli su cui è posato il nostro paese. Il tocco finale alla scultura grezza operata dai ghiacci la diedero le acque. Sia i fiumi che, in particolare a Piazzatorre, il letto di un antico lago. Lago che è poi scomparso allorché la barriera che lo rinchiudeva a sud cedette in seguito a qualche sconosciuto evento geologico.

I FOSSILI:
Testimoni del nostro passato geologico sono i fossili, vegetali e animali la cui struttura si è pietrificata lentamente in epoche remote (nell’ordine di milioni di anni). Questi straordinari reperti che la nostra storia naturale ci ha regalato sono fonte inesauribile di notizie ed informazioni che riguardano le origini della vita sul pianeta. Anche a Piazzatorre, sulle pendici del monte Secco, ci sono interessanti giacimenti che affiorano in superficie; sono ricchi di pesci, piccoli crostacei, molluschi, organismi vegetali e altre forme di vita.

LA FLORA:
Piazzatorre può vantarsi di possedere ciò che il WWF definisce “...una delle più belle ed integre pinete d’Italia, forse d’Europa...”. A parte questa perla (Piazzatorre possiede la invidiabile superficie boschiva di 1956 ettari, ossia, quasi 20 Km quadrati), il territorio del nostro comune è ricoperto dal manto di vegetazione tipico delle Orobie a carattere calcareo. Nella fascia inferiore ai 1000 metri troviamo alberi da frutto (nocciolo, noce, castagno, melo, farnia, carpino, sorbo degli uccellatori, robinia, tiglio selvatico, acero, betulla, frassino, faggio), le propaggini inferiori delle foreste di conifere e prati coltivati a foraggio. La fascia fino ai 2000 metri è dominio incontrastato di abete (picea excelsa, abies alba) e larice (larix decidua).

LA FAUNA:
Anche la fauna è quella tipica della zona prealpina. Nell’ecosistema bosco si possono trovare caprioli, faine, martore, donnole, tassi, lepri, scoiattoli, ghiri e volpi tra i mammiferi; cedroni, francolini, cuculi, picchi, gufi, civette, barbagianni, merli, tordi e decine di altri splendidi uccelli; aspidi, vespe, termiti, coleotteri, ragni e migliaia di altri invertebrati. L’ecosistema prato è abitato da lepri, topi campagnoli, talpe, ricci e mucche tra i mammiferi; ad essi si aggiungono cornacchie, cardellini ramarri, lucertole, bisce e, tra gli invertebrati più comuni, libellule, maggiolini, lucciole e lombrichi. Fanno parte dell’ecosistema torrente: gamberi di fiume, bisce dal collare, trote furio, salmerini e sanguisughe.

LA STORIA, LE ORIGINI, IL SECOLO XIII°
Non esistono tracce di insediamenti in questa parte dell’Alta Valle anteriormente al 1200. Nel resto della Valle le notizie più antiche, o meglio i reperti, fanno risalire l’arrivo delle prime comunità umane al 2000 a.c., cioè circa 4000 anni fa. A Zogno, infatti, in località Solmarina e Corna Rossa, sono stati ritrovati oggetti di quell’epoca: punte di lancia in bronzo e rame, coltelli e raschiatoi, vasellame in terracotta. Si sa poi per certo dello sfruttamento delle miniere di ferro e calamina a Dossena da parte degli antichi Romani prima e dei Longobardi poi. Tornando a noi, i primi allevatori e agricoltori si stanziarono in Val Pegherolo verso il 1200, cioè in epoca medioevale; qui si edificarono le prime stalle abitate, veri esemplari di architettura rusticana. Un secolo più tardi si erano già formate 9 contrade: Sembiör, Palèra, Piazzole, Foppa, Cantù, Cabai, Cà Gottaroli, Cigadola; in tutto vi erano 35 famiglie per un totale di 225 abitanti. Il paese come entità sociale unitaria stava formandosi con difficoltà, soprattutto per ragioni di sopravvivenza fisica in quanto il territorio, come il resto dell’Alta Valle, era sotto il dominio dei Visconti, i signori di Milano. Essi concedettero sempre agli abitanti una certa autonomia in virtù delle loro povere condizioni, per cui potevano pagare tasse più lievi sugli scarsi commerci e l’acquisto di beni. Infine, notizia curiosa, essi non dipendevano dai signori di Bergamo (Suardi, Colleoni...), su richiesta specifica dei rappresentanti dei paesi dell’Alta Valle i quali non volevano aver niente a che fare con gli abitanti della città.

I SECOLI XIV° E XV°
Da numerosi documenti si può dedurre che in Piazzatorre fin dal 500 esistevano proprietari privati, anche se non nativi del luogo: i Mascheroni da Olmo al Brembo, i Dominoni, i Renovi, i Maisis. Un documento del 1473 attesta che i Mascheroni possedevano la maggior parte dei boschi di Piazzatorre. Ci sono poi altri documenti che testimoniano i passaggi di proprietà. C’è ad esempio un atto del 28 luglio 1330 con il quale un certo Martino, detto il Donzello, figlio di Giacomo dei Mascheroni di Olmo, diede in masseria perpetua ai fratelli Giovanni detto Bana e Pietro detto Cuoco due appezzamenti di terreno in Piazzatorre con due stalle e la trentesima parte del bosco del Cavallo. Nel 1340 lo stesso Martino cedette un pezzo di terreno nella piazza del paese e un prato. I documenti fanno anche riferimento a continue liti e controversie per lo sfruttamento di boschi di faggio e di peghera (pino e abete). Il 1427 è una data importante per la storia della Valle Brembana perché ebbe inizio il dominio della Repubblica Veneta. I discendenti dei Mascheroni di Olmo si costituirono "Sindaci - Procuratori - Difensori" dei loro territori a Piazzatorre e, insieme ai rappresentanti e procuratori dei paesi limitrofi si recarono davanti al senato Veneto chiedendo che la valle stessa continuasse a godere delle facilitazioni assicurate durante il periodo precedente, e, soprattutto, di essere indipendenti dalla città di Bergamo. Venezia accettò: il Vicariato di Piazza Brembana, che gestiva la giustizia e l’amministrazione, fu reso assolutamente indipendente da quello di Bergamo, come tutta la Valle “oltre la Goggia” (la goggia è la strozzatura della Valle che si incontra alla confluenza della Val Parina con il Brembo, tra Camerata e Scalvino). Nonostante il cambio di dominazione l’Alta Valle rimase un povero territorio isolato fino al 1592, anno di costruzione della strada Priula ad opera dei veneziani. È del 1473 l’atto notarile con il quale i Mascheroni di Olmo concedevano agli uomini di Piazzatorre “ in ogni tempo perpetuo di usare, godere e recidere dai boschi, per loro uso e soltanto per loro uso, sia per fare case, stalle, magioni, sia per fare fuoco, calce, calchere e carbone per sé e per le terre situate sul territorio di Piazzatorre”. I Mascheroni, dal canto loro, avrebbero potuto in perpetuo recidere, tagliare, far recidere e tagliare i predetti boschi a loro beneplacito, e condurre il legname fuori del territorio del paese o attraverso i soli canali o attraverso gli altri luoghi dove ad essi e a ciascuno di loro meglio piacerà, senza alcuna opposizione o molestia da parte di quelli di Piazzatorre”. Da questi documenti si deduce facilmente che boschi e pascoli erano la sola risorsa del paese, ciò su cui si basava la vita della comunità che ci viveva. Episodio singolare della nostra storia è la comparsa, nel 1562, della proprietà collettiva: un atto notarile testimonia la nascita della società "Antichi Originari" di Piazzatorre: le 72 famiglie divise in tre ceppi, Arioli, Maisis e Arizzi, pattuirono con i Mascheroni di Olmo il passaggio definitivo di proprietà versando in moneta aurea £ 11750 imperiali. Essi non solo avrebbero goduto, tutti insieme, il prodotto dei pascoli e dei boschi, ma sarebbero entrati in possesso anche della chiesa parrocchiale, e con i redditi della proprietà collettiva avrebbero provveduto alle spese principali della comunità. Questa situazione amministrativa durò quasi tre secoli, fino al 1806.

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