Ornica

Ornica Il nome ORNICA sembra derivare dal latino "fraxinus ornus", che un tempo doveva ricoprire in abbondanza le selve che circondano i sette villaggi che componevano la Val Averara. Come Santa Brigida, Ornica dipendeva anticamente dalla plebania di Primaluna in Valsassina. Molto diffuso era un tempo il mestiere di ridurre in chiodi il ferro. A Ornica vi era infatti una grossa fucina che lavorava anche i ferri da taglio. Note erano anche diverse miniere di ferro, che alimentavano un forno di fusione.

Bisogna andarci apposta e ci vuole un po' di tempo per arrivare ad Ornica; eppure quando si e' qui si scopre una comunita' che non si e' chiusa nell'isolamento, anche perche' favorita dalla possibilita' di accedere, attraverso il Passo di Salmurano, al versante valtellinese e al territorio dei Grigioni, che storicamente si sono sempre rilevati attenti alle istanze riformiste. Di questo valico, come di quello limitrofo di San Marco, approfittarono quasi certamente anche i pittori Baschenis della Valle Averara nelle continue peregrinazioni che li portarono ad esportare in Valtellina e nelle Valli Giudicarie la loro arte arricchita ogni volta dei fermenti e delle istanze desunte dall'integrazione delle diverse culture alpine con cui venivano a contatto. Delle pitture di Angelo d'Averara, che decoravano la primitiva chiesa medioevale, restano quelle dipinte nella crociera dell'antica abside, divenuta sagrestia nel successivo rifacimento settecentesco. La testimonianza di quanto fosse trafficata la via del Salmurano sta anche nel santuario della Madonna del Frassino, invoca a protezione dei viandanti: si racconta infatti che la Vergine salvo' miracolosamente dalle mani dei briganti un viandante solitario.